IL MIO PRIMO INCONTRO CON LA FOLLIA
” L’ho incontrata da bambina la follia. Era la follia di mia madre.
Non era una follia costante ma una follia a corrente alterna, andava e veniva, e quando arrivava lo faceva sempre all’improvviso.
Le faceva cambiare la voce e lo sguardo, la follia. La voce diventava impastata come quella di un ubriaco. Lo sguardo diventava di ghiaccio, ero lo sguardo di chi fissa qualcosa di orribile, di inenarrabile, qualcosa che penso appartenesse al suo passato.
Non era una follia violenta ma era una follia devastatrice per lei e per quella bambina che la osservava impaurita e stupita chiedendosi, ogni volta che arrivava “l’altra donna”, dove fosse andata la sua mamma.
Cercava di contrastarla mia madre la sua follia, trascinandosi in gesti e azioni normali. Stirava, puliva la casa, cucinava, apparecchiava ma le costava una fatica immensa controllarsi ed ogni più piccolo gesto, ogni insignificante parola che proveniva dagli altri la irritava e allora lanciava sguardi carichi di odio.
Ma la follia vinceva sempre e quando prendeva il sopravvento gli sguardi lasciavano il posto a sboccate imprecazioni e a violente grida contro me o mio padre, e se cercavamo di calmarla ci lanciava addosso qualsiasi oggetto le passasse tra le mani.
Poi fuggiva via, si chiudeva in camera e si sdraiava a letto nel buio totale. Voleva stare sola, forse non voleva rischiare di farci o di farsi male, forse si vergognava. Si lamentava però e i suoi lamenti arrivavano fin nella mia stanza rimbombandomi assordanti nelle orecchie.
Dopo qualche ora si alzava, si chiudeva a chiave nel bagno e vomitava a lungo. Io allora uscivo dalla mia stanza e in punta di piedi raggiungevo la porta del bagno. Stavo lì fuori, seduta sul pavimento, spiandola dal buco della serratura nei momenti in cui i conati cessavano perché temevo si lanciasse dalla finestra o si tagliasse le vene.
Non so come avrei potuto impedirglielo se avesse deciso di farlo, forse urlandole di fermarsi, urlandole forte che le volevo bene. Fortunatamente non lo ha mai fatto.
Vomitava via tutto il male che aveva dentro e dopo si calmava, usciva dal bagno, tornava a letto e si addormentava. Al risveglio era di nuovo serena e si comportava come nulla fosse mai accaduto, mentre nei miei occhi e nel mio cuore di bambina ogni attimo si tatuava a fuoco.
A distanza di anni ancora mi chiedo se era il male che aveva dentro a generare la follia o la follia a generare quel male. Di certo so che in quella follia sono nati il mio male, i miei tormenti, la mia follia!”
Testo ©Sabrina Musetti, riproduzione vietata senza citare la fonte
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